oggi il corpo del paese
non so perché
questo corpo
si fa come la scarica elettrica di un neurone potrebbe
essere la fine di un’ora o soltanto un ricordo o
un modo come un altro per dire
la fine di un dicembre vista da un punto che si allontana
c’è l’aria mistica del mare o chissà c’è un sogno forse
– me stessa, me, io –
e poi le case
danzano ferme come fili d’erba
nel fottio delle ore quotidiane
fanno ombre accatastate
nella quiete di ringhiere e panni stesi
dietro queste contorte barricate
ovunque c’è nient’altro che questo dramma inanimato
e inespresso che il paese viene quasi voglia di leccarlo
senza poesia
messo così nudo e opaco
– l’ho fatto con certe ferite
con il battito di quel dolore che lasciano solo i nomi propri
che non voglio
dire – così salato
nel pensiero
amaro di silenzio come se ne sta
in queste ore
senza tregua e tra le parole
quando tutto sembra essere
messo lì alla rinfusa nel trasloco del tempo
come aria messa ad asciugare
solo per insegnare
l’arte di svanire
per dimenticare
o ma sì
ma sì se sto qui a dirlo, semplicemente l’arte di restare
o forse ma sì
ma sì …