
Quando un paio d’anni fa tradussi in parte “After Lorca” ero piena d’entusiasmo. Mi sembrò che dentro quelle pagine ci fosse un mondo in cui tanti miei quesiti trovassero se non le risposte, ma almeno un senso. L’entusiasmo crebbe quando il poeta Francesco Marotta di quel mio lavoro ne fece uno dei Quaderni raccolti nel suo blog. Ero felicissima di poter condividere quella lettura che tanto mi aveva appassionata, e soprattutto curiosa di sapere se in altri avrebbe provocato lo stesso effetto, la stessa frenesia, la stessa tenerezza. Alcuni lettori apprezzarono, ma nel complesso i testi non suscitarono grandi reazioni benché quello stesso anno, la pubblicazione del corposo “My Vocabulary Did This to Me: The Collected Poetry of Jack Spicer” avesse avuto una certa risonanza tanto da meritare l’American Book Award. L’attribuii alla natura stessa dei testi, più teorici che poetici, ed anche forse ad una inadeguata, da parte mia, presentazione degli stessi, nonché ai tempi rapidi che il web impone che spesso penalizzano la lettura.
In quel mio stato d’innamoramento ero decisa però a vendermi anche l’anima pur di coinvolgere altri in quella che io ritenevo essere una voce eccezionale, una voce che avesse tanto da dire al nostro mondo contemporaneo, e facendolo in modo originale, così molti mesi dopo mi decisi a proporre alcuni di quei testi alla redazione di un lit-blog. Era la prima volta che mi avventuravo in quello che ai miei occhi e alla mia timidezza appariva come un gesto di eccezionale audacia.
In un primo tempo i redattori a cui mi ero rivolta si mostrarono molto interessati, poi però mi fecero notare che per correttezza essendo i testi già presenti in un blog già segnalato nel loro, forse era opportuno proporre se possibile altri testi dello stesso autore, se ne avessi.
Credo sia capitato a tutti d’innamorarsi a tal punto da pretendere che il proprio amato, la propria amata apparisse agli altri così come lo era ai propri occhi, essere tanto innamorati da volere che lei o lui riuscisse a suscitare negli altri lo stesso amore cieco, e quello che invece accadeva era qualcosa d’ingiustificatamente normale, inadatto, inadeguato, qualcosa che era dentro le regole e che non era mai abbastanza.
Di Spicer avevo altre traduzioni, ma dopo quel cortesissimo scambio di e-mail, decisi che certi amori restano tali forse solo quando si consumano nell’intimità.
A lasciarmi perplessa erano stati non i toni molto cortesi così come la disponibilità, ma piuttosto la sostanza del breve scambio.
Il concetto di rete, per sua natura, si basa appunto sulla possibilità di poter convogliare, indirizzare e reindirizzare, essere e creare per l’appunto una rete capace di far convergere l’attenzione di molti laddove si ritiene opportuno farla giungere. Difatti raramente in rete un testo non contiene link di riferimento ad altri, e non è raro neanche che uno stesso testo venga proposto in parte in più sedi e reindirizzato alla sede originaria per accedere il testo completo, non è raro neanche che si abusi di questa capacità del web e che un testo vada a disperdersi nei troppi rimandi. Ma nei suoi limiti questa è una comunissima e civilissima pratica, per cui l’eticità su cui si basava quella cortese obiezione mi lasciò confusa, mi apparve come qualcosa d’incompleto proprio come quando inaspettatamente e in modo incomprensibile il mondo intero non sembri amare colui/colei che noi amiamo, e, se anche lo facesse, non nello stesso modo estremo in cui noi l’amiamo tanto da essere disposti a tutto, e tutto per me finì lì.
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