La follia del senso

Poi venne il tempo dei giardini di rame,
strappati
al mare con le mani,
d’oro disse chi era lì
a guardare.
E crebbero piante
che pur sempre lasciarono sale,
perché sale fu il senso
della guerra e del sorriso,
crebbero fiori dalla saliva delle bocche e lasciarono sale,
perché fu sale il senso
del sangue e della vita.
Si quietarono
le coscienze nel senso giusto delle cose,
ondeggiarono
fra papaveri e grano.
Qualcuno soffiò
credendosi vento,
ma appena si sporcò di odori cambiò direzione,
-follia- gridò qualcuno
credendosi nel giusto.
Poi si addormentò,
fuori il pianto dei bambini
era appena un soffio,
era quasi
un albero
foglie di silenzio.

 

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Il colore “Sud”

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Prima di allora non l’avevo mai visto. Sud era terra, la mia terra. Era il paesino dove vivevo, le gradinate del campetto dove mi perdevo in chiacchiere dopo la partita di basket, era il mare in burrasca che mordeva la roccia e scrostava l’intonaco delle case, era l’abbandono dell’inverno, era l’irrequietezza della marina, era essere e non essere nella stessa misura, sud era qualcosa da cambiare e qualcosa da salvare, sud spesso era distanza, un senso di oblio e l’accanimento della speranza. Continua a leggere “Il colore “Sud””

Bye Bye baby

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Solo quando sarò vecchia,
vecchia di tutti gli anni che mi sono spettati
allora potrò parlare di questi posti.
La mia faccia sarà percorsa da sentieri sbrecciati dal tempo
incisi come questa terra di roccia lo è dal vento.
Saranno viottoli in salita per dita dissolte o
troppo stanche per andare e
dalla mia pelle sottile
quasi trasparente
trasuderà l’anima che ne avrò ricevuta:
avrà profumo di mare e di limoni.
Quando ne parlerò sarà iniziato già l’inverno
avrò calze di lana pesante a coprire le gambe magre
asciutte ormai da ogni tensione.
Sarò seduta su questa poltrona verde
e la finestra sarà chiusa e le tende ben accostate
perché non avrò più bisogno di guardare
né per dire e né per ricordare
Le luci saranno spente
ci sarà buio e silenzio
e in quel silenzio la mia voce sarà strada
e sarà racconto e
inizierà nel calore di un braciere
nella cenere smossa nel gesto antico che ondula le zolle
ci sarà lo sfrigolio delle bucce di mele e di arancia
l’aroma dolciastro appiccicato alle pareti
e ci sarà una stanza
i grandi balconi, e leggere tende di lino bianco
aperte in un canto muto ad ogni giorno di vento.
Ci saranno i suoni dei passi
io bambina
il picchè rosa che si gonfia in un salto
la nota cristallina della mattonella sconnessa
la quinta da destra sulla quarta fila,
la stessa nota che stasera intona “Bye Bye Baby…”
con lo stesso cancro d’amore di allora.

Il posto dove vivo adesso

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Il posto dove vivo adesso è quello dove vivevo allora, o quasi.
Mi sono sempre chiesta se gli abiti da sposa siano così ampi e voluminosi, gonfi come mongolfiere per seguire il sogno di librarsi su, in alto, seguendo il desiderio di cambiare luogo, di vivere altri spazi, o guardare con nuovi occhi quegli stessi che ti hanno visto crescere.
Il mio è stato un volo breve, ho sorvolato un breve rettilineo, un castello e tutto era già finito.
I paesi qui sono così vicini da confonderli, e sono così lontani radicati ognuno nella loro fiera identità, nelle tradizioni e nei loro santi venerati come dei o trattati a tu per tu come vecchi amici di famiglia.
I paesi sono semi caduti dalle mani di un dio messi nella pietra. Chiusi in una promessa. Eterni germogli. Li tiene insieme il filo delle loro storie. Continua a leggere “Il posto dove vivo adesso”

Lettera al signor Gianni Biondillo

Gentilissimo signor Biondillo

le scrivo per rivolgerle una richiesta che forse potrebbe stupirla ma quando ne leggerà i motivi ne comprenderà le ragioni e non le sembrerà così folle.

Io vorrei che lei adottasse me e di conseguenza il mio paese. Continua a leggere “Lettera al signor Gianni Biondillo”