b. ha settantaquattro anni e gli occhi di un azzurro lattiginoso e spento come se dentro, di quel tempo, non ci fosse passato niente. Ha l’abitudine di dormire su di un fianco, voltando le spalle all’uomo, al vecchio che ogni sera le si distende accanto. Stanotte si è tirata ben bene la coperta rosa fin sulla testa. b. ci guarda attraverso e il buio terso si fa di un rosa rugginoso e marcio. b. torna a pensare spesso alla sua prima volta, quando si era aperta come un fiore all’uomo, ora vecchio. Che strano, non aveva sentito nessun dolore. È così per i fiori? Si aprono alla bellezza e di bellezza senza né sentire né sapere cosa o dove la bellezza sia? b. si scosta la coperta, scopre la testa e fa per girarsi verso l’uomo, il vecchio, come se da lui volesse una risposta, ma poi all’improvviso lo sente, è un dolore enorme, che si espande ovunque, e fiorisce, fino a riempire la stanza dal pavimento fino al soffitto, inutile come se fosse stato chiuso troppo a lungo, e fosse diventato altro che somiglia ad un tempo che non le era appartenuto. Resta ferma. Chiude gli occhi. È tardi adesso. Il buio le cade addosso, lieve come un fiore che si stacca dal gambo, senza ricordi. Forse ora finalmente sogna.