Sera. Una famiglia. La cena frugale gli avanzi del pranzo
un po’ d’insalata e per finire
una macedonia dagli scarti salvati della frutta
la macedonia piace a tutti – ancoraunpo’ancoraunpo’ – chiede
la piccola e porge il bicchiere – ancoraancoraancora –
la sua vocetta stride sul piano dell’aria
come un gessetto sulla lavagna – aspetta – dice il padre
e lei insiste – dipiùdipiù- spinge il bicchiere
come la testa di un ariete e il bicchiere
già colmo di frutta traballa fra le mani e il tavolo e
un istante dopo s’inclina rotola
si schianta per terra – fuori- lui le urla -già prima del rumore – va’ via!-
e continua ad urlarle dietro anche quando la bimba si allontana
finché la sua voce inizia ad arrampicarsi dal fondo della gola
e arriva in un falsetto buffo
come quello di un pupazzo rotto poi
ad un tratto la furia si spegne nel silenzio la madre è ancora lì
guarda la frutta sparsa sul pavimento
nella cucina ora vuota si alza lentamente
i gialli, gli ocra i rossi i verdi
accostati al vetro in frammenti sono un firmamento
di colori e siero sul bianco del pavimento . Era nato così anche l’universo:
un grande scoppio e le galassie tutte le stelle
si erano sparse a raggiera nell’infinito. Prima era il nulla. O la quiete.
Forse.
Si china e con un panno inizia a pulire raduna tutto
in un punto di caos informe e
prova uno strano senso di potenza – ecco- voleva urlare – io
con una sola mano posso riportare tutto indietro. Alla quiete. O al nulla.
Forse.