Nei giorni scorsi ho trascorso molte ore in libreria sbirciando fra gli scaffali e sui banchi delle ultime uscite. Mi ha colpito l’enorme quantità di libri che sulle copertine riportano l’immagine di bambini: occhi di bambini, primi piani di bambini, da soli, in coppia o in gruppo. L’inquietudine dei loro sguardi mi ha seguito ovunque.
Questi bambini non offrono mai un’idea d’infanzia. I loro volti, nella maggior parte dei casi, appaiono inespressivi, hanno sguardi intensamente fissi e vuoti, le bocche sono appena socchiuse o rigidamente serrate in una tristezza infinita. Più che bambini sembrano adulti schiacciati, sconfitti dalla vita, ormai assenti. Gran parte delle immagini sono però in bianco e nero quasi a volerle estrapolare dalla realtà, forse per renderle meno dolorose. Passate.
Non so attraverso quale processo si giunge alla scelta della copertina, né so fino a che punto e in che misura le trame di quei libri ruotino intorno a protagonisti bambini, ( volevo stilarne una lista ma poi me ne è mancato il tempo, ma vi assicuro sono veramente tanti) tuttavia non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa, a prescindere dal libro, si cercava di suscitare, quale sentimento, su quale leva dell’animo di un potenziale lettore si voleva far forza, quale messaggio gli veniva mandato e perché quella scelta e non un’altra di eguale tensione e verità?
Devono colpire, smuovere, intenerire, incuriosire, essere compresi, farsi amare o cosa? e non è questo quello che in fondo cerchiamo tutti? e l’immagine allora, che sia la copertina di un libro o quella che di noi stessi mostriamo agli altri, è al servizio della verità o della strategia?